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CHI SIAMO

Let there be insights!

Siamo la principale azienda di Web e Social Media data intelligence italiana.

Noi trasformiamo l’enorme flusso informativo destrutturato che ogni giorno circola sulla Rete in dati, informazioni e insight. Perché i nostri clienti possano scoprire, conoscere e anticipare trend, fatti e opinioni ai quali i loro concorrenti arriveranno, dopo.

I nostri servizi sono:

Sempre personalizzabili in base all’obiettivo impostato, in modo che siano le analisi ad adeguarsi alle esigenze dei clienti e non il contrario;

Integrabili con i processi informativi aziendali, così da essere sì efficaci, ma anche efficienti;

On time: ci siamo strutturati per rispondere immediatamente alle domande di assistenza dell’azienda che si affida alla nostra tecnologia. Noi lavoriamo con il flusso dei dati in Rete, che per natura non si ferma mai. Se occorre agire o interagire mentre le cose accadono, noi siamo in grado di farlo

Affidabili: la tecnologia alla base della nostra piattaforma non ha uguali sul mercato e, in molti casi, è anche superiore. Non lo diciamo che siamo leader di mercato, non siamo amanti dei cliché, ma siamo consapevoli dell’enorme valore che portiamo, tutti i giorni, nel nostro lavoro.

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Storia

Missione

Perché

Il progetto imprenditoriale di Extreme nasce nel 2003, su intuizione e azzardo di Riccardo di Marcantonio, che di sé dice: «ho sempre avuto fortuna». Sì, la fortuna di vedere prima.

Pre-vedere è annusare nell’aria il profumo dei fiori prima che sboccino; è completare con le proprie parole la frase iniziata da un’altra persona; è arrivare prima di chiunque altro a intuire cosa sta per succedere.

È così che Extreme, nel 2006, è diventata la prima azienda italiana specializzata nella Web e Social Media data intelligence. È nata dalla capacità di pre-vedere che le impronte umane lasciate sul Web e sui Social Media sarebbero diventate la principale fonte di informazione per orientare scelte economiche, finanziarie, politiche e strategiche.

Capire il senso e sfruttare la potenza delle impronte umane in Rete è ciò che permette alle aziende di fare un salto quantico nel loro modo di stare sul mercato, e forse al mondo. Certo che è possibile realizzare focus group, fare indagini telefoniche, chiedere alle persone di compilare questionari via email. I dati che così si ottengono sono utili, ma non sono indicativi di quello che le persone pensano davvero.

È l’osservazione e, soprattutto, l’ascolto delle persone nel loro habitat naturale, la Rete, che permette di avere la risposta alla domanda che un’azienda non ha posto perché non si è posta. I clienti sono lì a migliaia, a commentare, riflettere, recensire. Grazie alle diverse piattaforme che hanno a disposizione, sono i clienti stessi a procurarsi informazioni su ciò che desiderano e poi a procurarsi ciò che hanno deciso di acquistare. Foto, audio, video, parole che ogni giorno entrano sulla Rete e costruiscono il successo o il fallimento delle relative scelte aziendali. I brand sono dei clienti perché sono i clienti a guidare le danze.

Ecco perché le aziende si rivolgono a noi: vogliono individuare, raccogliere e trasformare milioni di contenuti in insight, cioè in comportamenti significativi, utili per le scelte di business.

Estrarre, analizzare e far parlare i dati in modo che creino valore è la nostra missione, è ciò che sappiamo fare meglio. Dal 2006. Ma quali sono le nostre fonti? E come facciamo a estrarre conoscenza, e quindi valore, da dati di varia natura, forma e dimensione?

Le nostre fonti di dati sono le conversazioni che avvengono sul Web e sui Social Media: noi raccogliamo post, commenti, fotografie, video. Integriamo testi e immagini e lo facciamo avendo come confine il mondo intero.

La tecnologia che ci permette di fare tutto ciò è la nostra piattaforma WebLive.

Non è solo una questione di numeri così come non è solo una questione di tecnologia, ma usare una tecnologia solida e affidabile è davvero l’unico modo per anticipare il futuro. Perché anticipare i tempi e arrivare prima e meglio della concorrenza può fare la differenza tra il rimanere sul mercato alle proprie condizioni e scappare via alle condizioni di qualcun altro.

Ma il nostro lavoro, che permette di porre le basi per anticipare il futuro, si concentra soprattutto su ciò che accade oggi. E quel che accade oggi può essere difficilissimo non solo da interpretare, ma anche da leggere, e ancora prima da individuare. A volte anche perché troppe sono le informazioni e scarse sono le lenti affidabili per metterle a fuoco.

Nel nostro campo significa che in molti casi le aziende potenzialmente potrebbero attingere a un flusso di dati enorme per comprendere qual è il viaggio che il loro brand compie in Rete, come agiscono i competitor, come sta evolvendo il settore economico in cui operano. Ma non lo fanno. E quindi non lo sanno.

Il flusso di dati provenienti dal Web e dai Social è qualcosa che scorre inarrestabile e muta il mondo e la nostra percezione di esso un secondo dietro l’altro: la tecnologia è ciò che permette di entrare in questo flusso, analizzarlo e scoprire correlazioni e significati là dove prima c’era solo rumore.

Farsi guidare è il passo in più, cioè quello che permette di usare le informazioni per influire sulla realtà, e vedere cosa cambia. Per le aziende significa usare le informazioni per compiere azioni concrete e specifiche: cambi in corsa, nuove strategie o abbandono di rami vecchi. E per osservare cosa funziona, come e perché.

Con la conoscenza della realtà che i dati e la loro corretta interpretazione forniscono è possibile dotarsi di un vantaggio competitivo enorme: la capacità di anticipare il futuro. Fare business in un’ottica di previsione necessita però di informazioni di valore.

E le informazioni di valore sono quelle ottenute correlando dati e prevedendo andamenti futuri. Cioè quello che facciamo quotidianamente grazie ai modelli statistici, agli algoritmi, ai nostri sistemi di machine learning. Siamo quelli che comunemente si chiamano Data Scientist, minatori che cercano oro.

Che cosa possono fare le aziende con i dati? Moltissimo.

  1. Ridurre i costi: perché si scopre come ottimizzare piattaforme, modelli, prodotti e servizi.
  2. Ridurre i rischi: perché si possono fare simulazioni e previsioni e impedire che i rischi si tramutino in danni.
  3. Studiare il mercato nazionale e internazionale: perché conoscere come si muove la concorrenza aiuta ad affinare le proprie strategie. Come si pongono i competitor?
  4. Capire come il proprio brand è percepito in Italia: perché un conto è ciò che si pensa e ci si dice di sé, un conto è come, realmente, si viene percepiti. E qui non basta chiedere a qualche cliente affezionato: guardarsi allo specchio richiede metodo e precisione. Spesso anche la lucidità per mettere in discussione i propri assunti e ciò che si dava per acquisito.
  5. Comprendere come il proprio brand è percepito a livello internazionale: perché sapere come si parla del proprio brand nei Paesi in cui si è presenti, ma anche dove non si è presenti, aiuta a prendere decisioni strategiche rilevanti rispetto a come e se raggiungere certi mercati.
  6. Scovare nuovi mercati: perché si possono esplorare territori ricchi di potenzialità, ma che ancora non sono stati presi in considerazione.
  7. Far arrivare un nuovo prodotto sul mercato prima della concorrenza: perché si intercettano - per tempo e con più precisione - esigenze che ancora non hanno trovato il modo di esprimersi compiutamente.
  8. Curare le relazioni con i clienti: perché si può migliorare il dialogo quotidiano con le persone che fanno parte delle comunità a cui ci si rivolge e quindi ottenere informazioni e punti di vista sui propri prodotti.
  9. Correggere, strada facendo, strategie di comunicazione: perché si può monitorare in tempo reale la risposta delle persone ed evitare cadute rovinose che poi necessitano di robusti investimenti sotto forma di tempo, soldi ed energie per essere recuperate.
  10. Rendere più fluida la comunicazione interna: perché la conoscenza che si acquisisce può avviare o consolidare conversazione tra aree, voci, idee, persone che se a volte sono restie a comunicare tra loro, possono usare la leva del dato per acquisire “occhiali da vista comuni” e avviare strategie di collaborazione.